PROLOGO: Base Iron Eagle 1, Colorado
Le Sentinelle.
Super-robot, macchine da guerra concepite anni prima per gestire e neutralizzare la cosiddetta ‘minaccia mutante’. Fin dall’inizio, si erano dimostrate fin troppo efficienti nel loro compito, cercando e riuscendo più volte a bypassare gli ordini dei loro padroni umani…Non esitando a minacciarne la vita, se necessario.
Nella loro lunga storia, le Sentinelle erano state sconfitte, si erano riorganizzate, erano state migliorate e, ancora, avevano combattuto contro i super-esseri sotto i padroni più disparati, da Sebastian Shaw a Onslaught…Pochi mesi fa, avevano svolto un ruolo al servizio dell’umanità intera, senza distinguere fra mutanti e non, nella Guerra dei Mondi.
Da allora, il governo Statunitense aveva deciso che le Sentinelle meritavano una seconda possibilità come custodi della pace. O, almeno, dell’ordine costituito.
“Per tale ragione, signori, abbiamo ottenuto una fornitura di dieci dei modelli
più avanzati, qui ad Iron Eagle 1.” L’uomo, non più
di 35 anni, capelli neri, marziale dalla testa ai piedi, decorato dai galloni
più alti che quell’installazione super-segreta potesse fornire, stava mostrando
con un cenno del braccio i robot scarlatti e grigi in questione, tutti
allineati sull’attenti, ognuno di loro alloggiato nel proprio spazio nella
griglia di lancio.
“Potete stare tranquilli, signori, ed informare il Presidente che si tratta di un fior di investimento. Con queste macchine, il primo terrorista che dovesse tentare di approfittare di un altro casino per sabotare la Volta scoprirà di avere faticato invano.”
I ‘signori’ in questione erano un gruppo di sei industriali, una frazione di quella particolare élite che finanziava materialmente il progetto Iron Eagle. Tutti uomini e donne che avevano deciso di impegnarsi in prima linea per la difesa dei valori Americani senza le complicazioni della burocrazia. Solo il Presidente e pochissimi altre figure-chiave del Governo sapevano delle Aquile d’Acciaio, la risorsa definitiva contro il terrorismo interno e le minacce speciali, fondata durante l’era Reagan…
“Comandante Chapman,” disse uno degli industriali, un magnate del mercato dell’auto di Pittsburgh. “Sappiamo di un incidente che coinvolse un’installazione analoga a questa, ritenuta molto sicura…Una Sentinella dovette essere distrutta a causa dell’attacco di un semplice hacker[i]. Può assicurarci che l’elettronica di questa base sia al sicuro…”
Chapman fece un cenno dismissivo con la mano. Potevano essere decisamente ignoranti, questi bifolchi arricchiti, ma avevano una memoria, per fatti talmente datati! “Signori, ogni base Iron Eagle è più sicura di quanto possiate immaginare. Non ci sarebbero così tanti problemi, al Pentagono, se quella gente usasse le nostre protezioni. In aggiunta a ciò, come ben sapete, ogni base è una fortezza in tutti i sensi. Possiamo sopportare un attacco su qualunque…Eh?”
Ogni attività a IE1 fu interrotta dagli allarmi! Un concerto ordinato di luci e sirene che mise le ali ai piedi di ognuno dei 600 uomini e donne. In pochi minuti, tutti erano già alle loro postazioni, pronti agli ordini.
Chapman sentiva gli industriali chiedergli spiegazioni, ma la sua mente era focalizzata su ben altre preoccupazioni. Era suonato l’allarme Rosso, massimo pericolo. Dei Marziani erano sopravvissuti? Il Dottor Destino, dopo avere attaccato la Molavia[ii], aveva finalmente gettato la maschera e deciso di sottomettere gli USA?
Il velivolo era apparso dal nulla, nel cielo, preceduto da un bagliore di teletrasporto. Era una fortezza aggraziata, di metallo grigio e nero, aerodinamica, un elegante quanto letale predatore costellato dalle sue migliaia di luci di posizione. Sulla sua fiancata, mostrava un teschio cornuto su uno scudo araldico. Ed era enorme, di dimensioni tali da essere degnamente considerabile come il fratello maggiore del celebre StarGlider-1000. Stava lì, sospeso nel cielo dai suoi propulsori anti-G. I due colossali sfoghi tubolari dei motori pulsavano di una luce bianco/azzurra.
Rocce finte rotolarono all’indietro, per rivelare postazioni di letali cannoni. Non ci fu esitazione –del resto, ormai, dopo una lunga serie di catastrofi a breve distanza, dall’invasione Marziana all’Inferno2, i nervi erano comprensibilmente tesi. I cannoni fecero fuoco simultaneamente, con lo scopo di abbattere il minaccioso animale metallico…
Sfortunatamente, le intenzioni non bastavano per una struttura visibilmente in grado di assorbire quegli attacchi senza colpo ferire.
La risposta della macchina sconosciuta non si fece attendere: sulle ali a delta si aprirono due file di comparti. Un momento dopo, missili dalla punta a trivella furono lanciati in rapida sequenza contro la parte delle montagne rocciose che ospitava Iron Eagle 1.
I missili penetrarono la viva roccia come fosse stata burro.
All’interno, il personale, il Comandante Chapman, i suoi ospiti –tutti poterono solo aggrapparsi a quello che potevano, mentre l’intera struttura vibrava sotto l’impatto delle trivelle. Le comunicazioni erano state interrotte dall’esterno, nessun aiuto sarebbe giunto…
Poi, i missili furono dentro. Tutti.
L’interno della montagna fu scosso dalle tremende vibrazioni delle esplosioni a catena. Getti di fumo e fiamme scaturirono dagli squarci aperti dai missili nemici. Non c’era bisogno di restare ancora.
Un bagliore di teletrasporto, e la fortezza volante scomparve.
MARVELIT presenta
Episodio 1 – IL RITORNO DEI CAVALIERI
di Valerio Pastore
Rio de Janeiro, Brasile.
“Be’, non sarà Carnevale…Ma credo che possiamo accontentarci, no?”
Così aveva parlato il rosso Winthrop Roan Jr., dalla sua posizione sulla terrazza dell’albergo che ospitava lui ed i suoi amici e compagni d’avventura. Per le strade, si stava snodando un colorito corteo di gente festosa, chiassosa, più o meno vestita. Il corteo era condito di musica e un arcobaleno inesauribile di coriandoli.
“Il Presidente Lula si sta dando da fare per risollevare il morale della popolazione,” rispose James McDonald, uscendo dal bagno. Indossava solo un asciugamano stretto in vita, e ancora fumava per la doccia appena fatta. Era l’anziano del gruppo, un uomo tagliato con l’accetta. Certe volte sembrava incapace di avere un tono di voce meno che serio. “Ci vorranno sacrifici…ancora, ma almeno, per una volta nella storia di questo paese, le prospettive sono buone.”
“Sempre ammesso che Lula riesca ad arrivare a fine mandato,” commentò il biondo Luke Merriweather dal tavolino dove stava cercando di risolvere un elaborato solitario di carte. “Avrà non pochi nemici…”
“Accontentiamoci di non essere considerati noi i nemici della patria,” quasi ringhiò ‘El Lobo’ dal letto. Senza sollevare la faccia dalla rivista che stava avidamente leggendo, il barbuto aggiunse, “Da quando quel pazzo di Bush ha praticamente dato la sua benedizione al primo golpe contro Chavez, in Venezuela, il personale ci lancia delle occhiate che mi fanno desiderare di avere il kit anti-veleno, quando vado a pranzo.”
“Non che abbiano tutti i torti,” disse James, indossando la familiare tuta blu e bianca, con una ‘T’ bianca stilizzata che andava dalle spalle alla cintura –doveva ammetterlo, il nuovo tessuto imbottito con cui gli sponsor l’avevano fabbricata offriva contemporaneamente una sensazione avvolgente e di grande robustezza...E non faceva sentire caldo! “Gli interessi del nostro paese in questo continente sono spesso stati lastricati col sangue dei locali…Ma una cosa è certa: non siamo qui per rappresentare una politica o un sistema di vita, oggi. Pertanto, Lobo, ti saremmo tutti grati se volessi almeno provare a sorridere. Solo finché non dovremo mettere il casco.”
L’uomo mormorò qualcosa di inintelligibile, e sprofondò ulteriormente nella rivista.
James ebbe appena finito di indossare la tuta, che bussarono alla porta. Winthrop andò ad aprire…sui volti sorridenti di una coppia di neri, cioè Leonard Hebb e sua moglie, Georgianna Sue Castleberry. “Signori,” disse Leonard, “la fama ci aspetta ancora una volta. Siete pronti?”
Nell’Atlantico del Nord, abbastanza distante dalle principali rotte commerciali da garantire un po’ di privacy, ma strategicamente ben piazzata fra le sponde dei due maggiori centri vitali del mondo occidentale, si trovava una piccola isola vulcanica.
Nel 1551, un navigatore Italiano della Repubblica Marinara di Amalfi, emulo di Cristoforo Colombo, in cerca di nuove rotte fra il Vecchio ed il Nuovo Mondo fu costretto all’approdo su questa terra vergine per molti aspetti. Dopo una permanenza di una settimana, quasi vi morì, e lasciandola, la chiamò Isola del Drago, in onore ad una formazione naturale che, vista da lontano, ricordava un drago in perenne veglia sul suo territorio infernale. I governi che si susseguirono, dal Regno di Napoli a cui fu venduta, alla Repubblica Italiana, si erano praticamente dimenticati dell’isola…fino a quando un privato, nel 1981, non decise di acquistarla per installarvi, secondo la versione ufficiale, degli impianti di ricerca industriale ed oceanografica. Il Governo non fece una piega –l’Isola del Drago era ancora disabitata, e riesumarne il possesso avrebbe al massimo causato nuove spese e nessun prestigio. E i soldi erano molti, e necessari.
Il privato era un prestanome per il nascente Governo dello Zilnawa. Quasi subito dopo l’acquisto, l’impresa ‘fallì’, e la proprietà passò in mano al governo sudafricano. I lavori, a quel punto, erano iniziati per davvero. E oggi, l'Isola del Drago, ribattezzata Santuaria, ospitava un complesso molto speciale, per compiti altrettanto speciali: Base Astra.
Vista dall’esterno, Santuaria ospitava un pugno di fabbrichette e alloggi di prefabbricati –il minimo necessario per giustificare una delle tante, anonime imprese desiderose di condurre i propri lavori nelle elusive acque internazionali…
Ma era sotto la superficie,
che bisognava volgere l’attenzione. Per 500 metri, lungo il condotto vulcanico
della giovane isola, era stato compiuto un vero miracolo d’ingegneria. Le isole
altro non sono che le cime delle grandi montagne sottomarine, e questa cima era
stata trasformata in Base Astra, un complesso-fortezza il cui scopo era niente
di meno che la salvaguardia del mondo…
Uno scopo che poteva essere diretto solo da individui eccezionali, versati in quest’arte da milioni di anni.
Individui che, di umano, avevano solo l’apparenza…
“Signori, credo che il momento sia giunto...ancora una volta.” C’era una nota di tristezza, di rassegnazione, nella voce dell’anziano personaggio. La sua calvizie era coronata da una massa di capelli grigi come i suoi baffoni. Nel parlare, si stava pulendo un paio di occhiali dalla montatura tonda. “Confido sulla nostra piena operatività.”
I quattro individui stavano fissando uno schermo, le cui finestre mostravano scene di distruzione apparentemente sconnesse fra loro: Iron Eagle 1, un silo in rovina nell’Idaho, fra i cui rottami spiccavano i resti di altre Sentinelle. Un villaggio nel New Mexico, totalmente raso al suolo...
“Credevo che la Federazione Commerciale avesse deciso di lasciare la Terra in pace, Dott. Tambura” commentò una donna, magra, i capelli neri avvolti in una severa crocchia. Il maxischermo si specchiava freddo nei suoi occhialini a design angolare.
“E credo che abbia mantenuto la parola,” ribatté un uomo tarchiato, con indosso, come gli altri, una giacca bianca e azzurra, con una rosa dei venti sulla parte sinistra del petto. L’uomo sbuffò dalla sua pipa in radica di noce. “Questi primi attacchi sono stati mirati, chirurgici. Il nostro vecchio nemico avrebbe tentato un approccio più...spettacolare. Chiunque ci sia dietro a queste azioni conosce il valore della prudenza, e ciò lo rende più pericoloso.”
“Non potrei essere più d’accordo,” aggiunse il più giovane di quella congregazione, quasi un ragazzo, dai capelli rossi e un volto squadrato, volitivo. “Proprio per questo, dobbiamo dimostrare di sapere rispondere colpo su colpo.”
L’anziano annuì. “I nuovi campioni sono stati scelti, Dott. Charn?” chiese all’uomo tarchiato.
Un assenso, e un’altra sbuffata. “A differenza dei loro predecessori, possiedono sia l’esperienza di base che l’apertura mentale necessari. Sapranno guidare i nuovi Warriors più in fretta, e meno impacciati.”
La donna disse, “Non facciamoci prendere dalla fretta. È importante che il nemico faccia la prima mossa. Questo test non deve fallire.”
Il giovane Basque rise. “Carissima Sherna, con i nuovi Warriors, fallire è praticamente impossibile!”
L’annunciatore parlava in un portoghese a mitraglia, in mezzo ad un tale baccano che perfino El Lobo non riusciva a stargli dietro.
“Signore e signori! Il momento che attendevate è finalmente giunto!” l’uomo doveva avere lavorato come Ringmaster in un circo. Conosceva tutte le mosse ed il tono di voce per canalizzare l’attenzione, e la folla pendeva dalle sue labbra come se fosse stato l’annunciatore del Secondo Avvento, invece che un’esibizione di beneficenza. “Alle mie spalle, c’è l’inizio di una pista” e con un ampio cenno del braccio indicò l’elaborata costruzione di legno e acciaio da fare venire la bava a uno stuntman professionista “che solo questi uomini possono avere il coraggio di attraversare! Preparatevi a fare scalpitare i cuori al ritmo dei motori di Honcho, Cowboy, R.U. Reddy, Wrench, Wings ed El Lobo...i THUNDERIDERS!”
La folla esplose in un applauso. I fischi di ammirazione si sprecavano. Alcuni cartelli parlavano di fan club del Team America, come un tempo si chiamava la formazione...Eppure...Eppure...
Lobo sorrideva, come aveva promesso –e, diciamocelo, una parte di lui ancora rabbrividiva di piacere a quei bagni di folla...Anche se non lo avrebbe mai ammesso con gli altri.
Il sorriso svanì di colpo. La sua espressione si fece guardinga come quella dell’animale di cui portava fieramente il nome. Muovendo la testa mentre salutava, in realtà stava scrutando attentamente le facce della folla.
<Lobo, cosa succede?> La voce mentale di McDonald lo scosse quasi fisicamente.
Quello che la folla non sapeva –che nessuno sapeva, salvo una manciata di persone, era che i Thunderiders erano mutanti. Possedevano blandi poteri telepatici. Poteri che formavano una sorta di legame fra di loro. Poteri che permettevano loro di percepire le emozioni degli altri.
E Lobo stava percependo un’emozione strana, fredda, insidiosa, qualcosa che associò istintivamente a un serpente pronto a colpire, calmo solo in apparenza...
“Signore,” disse una voce attraverso lo schermo che mostrava il palco su cui i Thunderiders si stagliavano, “credo che stiano sospettando qualcosa. Dobbiamo anticipare l’operazione?”
“Non ci pensare nemmeno!” replicò seccamente una figura in armatura scarlatta e blu dalla sua poltrona. “Un solo colpo a vuoto, e il panico vi impedirà di colpire tutti i bersagli. Aspetta che siano presi dalle loro evoluzioni, poi colpirete. Come pianificato, chiaro?”
La comunicazione fu interrotta.
L’emozione era ancora lì, ma alla fine l’uomo decise di non farci caso –un qualche fanatico antiamericano, probabilmente...Maledizione! Questa storia del terrorismo aveva davvero scoperto dei nervi!
I Thunderiders salutarono un’ultima volta, e si diressero alle loro moto dipinte con i loro colori. Erano queste veicoli più simili a degli aerei su due ruote, che ai modelli da motocross a cui erano abituati...Ma era anche vero che non era ancora nato il puledro a motore che avrebbe potuto intimidire questi cavalieri!
Lo scopo dello show era duplice: beneficenza contro pubblicità. Lo sponsor, la Astrech Motors dello Zilnawa, avrebbe fornito generosi fondi al Presidente Lula in cambio dell’esibizione per il suo nuovo modello di All-Purposes-Bike...e di una favorevole quota di mercato, s’intende.
I Riders indossarono i caschi. Subito, alla loro visione si sovrapposero i dati relativi alle moto, alla guida...insomma, si ritrovarono davanti agli occhi un manuale sintetico. Esattamente come quando avevano provato la prima volta con il rappresentante della Astrech...Ma era comunque roba che dava i brividi.
“Progresso,” commentò Wrench Hebb. “Dio, come lo adoro.”
Saltarono in sella, Honcho McDonald in testa. “Gente, facciamo vedere di che stoffa siamo fatti!” E accese il motore, prontamente imitato dagli altri. I motori rombavano come razzi, sibilanti delle loro turbine.
Partiti! Le moto si lanciarono, ognuna dalla propria posizione nella griglia, ad una velocità subito da brivido.
Le sei piste si incrociavano in cerchi della morte, in strutture ad ‘8’ come Nastri di Mobius, formavano un complesso che sfidava le leggi della gravità. L’intera struttura era studiata per essere percorsa alla più alta velocità possibile, o cadere da essa in caso contrario. Ci volevano nervi d’acciaio e un controllo nato da anni di esperienza, per sfidarla, e i Thunderiders furono all’altezza ogni minuto della competizione, per la gioia del pubblico.
Era un giorno di festa, e i problemi del mondo erano una cosa lontana. Nessuno si aspettava la possibilità di un attentato qui ed oggi.
L’esplosione che distrusse in un colpo solo due delle piste riportò bruscamente la gente alla crudele realtà...Ma, ancora più bruscamente, ricordò ai Cavalieri Wings Georgianna e Reddy Roan che la differenza fra vita e morte stava solo nella velocità di esecuzione unita, a volte, ad una fortuna indiavolata.
Nello specifico, la fortuna fu quella di disporre di quelle nuove moto. Se uno solo di loro fosse uscito fuori pista, avrebbe avuto una possibilità di cavarsela evocando il Cavaliere Oscuro. Così com’era, invece, bastò obbedire immediatamente alle istruzioni che apparvero sulle visiere.
Il resto, come si suol dire, venne da solo. Le spesse ruote piene si aprirono in segmenti, e dai segmenti inferiori uscirono poderosi getti d’aria. Wings e Reddy planarono a terra, e un attimo prima del contatto le ruote tornarono ad essere adatte per il terreno.
La donna voltò il veicolo verso la pista, proprio mentre altre esplosioni la scuotevano. La folla era diventata un animale impazzito, incontrollabile, una calca letale.
“Leonard...”. L’atto era stato calcolato con precisione millimetrica, le cariche piazzate per fare il maggior danno possibile. Gli altri Cavalieri non potevano abbandonare la pista, non a quella velocità...
Ma, mentre la maestosa struttura si accartocciava pietosamente con un rumore di tuono, il suono di quattro potenti motori riempì l’aria...
“NO!”
la figura in armatura tremava dalla rabbia, alla vista delle quattro ‘hoverbikes’ schizzare dalla nuvola di detriti e fumo.
“Ancora una volta, ho peccato di presunzione...Ma non fa nulla. Questa volta,
ho previsto anche una simile eventualità. Soldati, entrate in azione, e fuoco a
volontà!”
“Cristo santo!” esclamò Lobo, spostando alternativamente lo sguardo dalla distruzione alla folla. Alcuni corpi giacevano a terra, immobili. “Ma che diavolo significa?”
<Lobo, non perdere tempo! CORRI!>
Anni di stretto contatto con i suoi amici lo spinsero ad obbedire senza esitazioni. Non ebbe appena fatto in tempo a partire, infatti, che un colpo di energia gli strinò la spalla, mentre un altro quasi gli beccò il fianco!
Ignorando il dolore, Lobo guardò nello specchietto retrovisore digitale, trovandovi una vista inaspettata –due sgherri vestiti in un’assurdo costume scarlatto e blu, con colli di pelliccia blu, e un teschio bianco stilizzato dipinto sugli elmi cornuti!
E non c’erano solo loro due. Almeno una dozzina sembrava essere sbucata dal nulla. Tutti impugnavano lo stesso tipo di fucile a raggi, e tutti stavano facendo del loro meglio per uccidere i Thunderiders!
Purtroppo per i cattivi, la sorpresa era andata perduta. Il fumo non permetteva un visione chiara, e le moto non lo aiutavano certo a depositarsi.
I Thunderiders si allontanarono in formazione sparsa a tutta velocità. “Credo che non sia il caso di rimettere piede in città, stranieri,” disse Cowboy. “Dirigiamoci alla periferia: almeno, se dovrà essere scontro, non coinvolgeremo degli innocenti.”
“Idea approvata,” disse Reddy. “Tutto bene, voialtri?”
“Direi di sì,” rispose Leonard. “Se qualcuno ha un’idea di chi fossero quei pagliacci assassini, la tiri fuori.”
“Escluderei sia Viper che l’AIM,” disse Wings. “E non mi vengono in mente altri che potrebbero volere il nostro sangue con tanta dedizione...” rabbrividì. “Tutte quelle persone calpestate vive...”
“Una ragione in più per fargliela pagare cara,” sibilò Honcho a denti stretti. Ricordava bene come il team si fosse rimesso insieme dopo che Viper aveva coinvolto i Nuovi Mutanti per arrivare al Cavaliere Oscuro –allora, tutti, inclusi i Cavalieri, credevano che si trattasse di una sorta di agente esterno al gruppo, un paladino da ricattare, e non il gestalt dei Cavalieri stessi. Si erano tutti ripromessi di non coinvolgere degli innocenti nelle loro questioni personali, ed ora il destino aveva loro strappato di mano quella decisione..!
Il problema, adesso, era come organizzare il prossimo roun*!*
Improvvisamente, sui cruscotti delle moto brillò all’unisono un segnale lampeggiante. Contemporaneamente, una finestra sulle visiere mostrò la ragione dell’allarme... “Sparpagliati, adesso!” urlò Honcho. Non ci fu bisogno di ripeterlo.
Le moto procedevano lungo una strada secondaria polverosa, diretta verso le foreste –la velocità di quelle moto era incredibile. Non sarebbe stato sorprendente, se si fossero messe a volare, tanto andavano forte!
Appena le moto ebbero abbandonato la strada, nuovi colpi di energia caddero dal cielo, esattamente una frazione di secondo dopo!
Si trattava di tre caccia, ma di un design come mai si era visto –compatti, quasi rotondi, con due protuberanze flessibili, sulle ali, che facevano da cannoncini. La loro fusoliera possedeva doti camaleontiche, che li rendeva quasi invisibili. Il loro motore emetteva una sorta di ronzio sommesso.
“Cercate di non perdere tempo, razza di idioti!” ringhiò la figura in armatura. “La protezione mimetica consuma troppa energia per giocare ad acchiapparello! Senza contare che ormai lo SHIELD sarà già all’erta!”
“Non possiamo continuare così,” disse Cowboy, facendo i miracoli per evitare di essere colpito. “Fra poco, il terreno diventerà impraticabile! Cos’altro sanno fare, questi puledri?”
In tutta risposta, un nuovo set di istruzioni apparve sulla visiera. “Però,” commentò lui. “Avrei preferito inaugurare un simile trucco in condizioni più favorevoli, ma tant’è...Gente, avete visto anche voi? SI VA’!” Schiacciò l’acceleratore a tavoletta con un colpo secco e contemporaneamente tirò a sé il manubrio.
Il propulsore andò su di giri come se volesse esplodere. La moto si impennò. Il propulsore diede una fiammata, e la moto fu spinta in alto!
Ancora una volta, le ruote passarono alla modalità hover. Ma, questa volta, un paio di ali retrattili si estesero dalla fiancata; contemporaneamente, il parabrezza si estese sul pilota come una vera e propria calotta. L’intera carrozzeria della moto si compattò, per assumere una forma più aerodinamica...
Fino a quando le prede divennero uccelli volanti capaci di sfidare i predatori nel loro elemento!
“Grande!” commentò Reddy. “E adesso? Non è che abbiamo quest’esperienza!”
Anche se goffamente, i Thunderiders avevano iniziato una serie di manovre che, per il momento, li rendevano imprendibili. Le istruzioni avevano menzionato un pilota automatico, e loro furono più che felici di lasciargli la parte del leone per quei movimenti che, inesperti, non avrebbero mai potuto fare.
Altre istruzioni, sulla visiera di Lobo. “Minimissili, eh? Così mi piace di più.” Digitò un pulsante sull’estremità sinistra del manubrio.
I ‘portapacchi’ laterali si aprirono, e ne furono espulsi due minimissili. Guidati dai loro sensori e dal loro software, gli ordigni centrarono rispettivamente uno dei cannoncini mobili e l’ala dell’apparecchio. Il cannoncino fu distrutto all’istante...l’ala no.
“Adesso sappiamo che sono belli corazzati,” disse Honcho... “LOBO! NO!”
Era solo questione di tempo, prima che il nemico si abituasse ai loro schemi di manovra, e i Cavalieri lo sapevano. Tempo troppo breve! Il colpo di un caccia centrò in pieno l’apparecchio di Lobo. Colpì la ruota anteriore, che esplose.
“Cazzo!” Anche la manovrabilità venne compromessa. Lobo iniziò a precipitare verso il basso, verso la foresta. “Sto bene, gente. Vediamo di alzare la posta in palio, prima che questi ci mandino nei cori angelici.”
Tutti sapevano cosa voleva dire: il Cavaliere Oscuro...Ma cosa poteva fare colui che, essenzialmente, era un super-atleta con le capacità combinate dei singoli Cavalieri? Quei veicoli erano antimissile, e il Cavaliere Oscuro non possedeva la forza necessaria a sfondare la fusoliera. Senza contare che il Cavaliere si sarebbe trovato comunque a sedere su una delle loro moto..!
“La vostra esitazione è giustificata. Il Cavaliere Oscuro non vi sarà d’aiuto,” disse una voce da un comunicatore nel casco! Honcho sobbalzò all’unisono con gli altri. “Chi..?”
“Non c’è tempo, Thunderiders. Ascoltate, vi abbiamo studiato con attenzione. Sappiamo che possedete un potenziale ben più elevato di quanto crediate, ed è giunto il momento di sfruttarlo al limite.
“Unite le vostre menti, mentre i vostri veicoli continuano ad evitare il pericolo per voi. Canalizzate la vostra frustrazione, la vostra ira, trasformatele in forza pura. Non risparmiate energie, non ora che la morte si avvicina.”
I Thunderiders obbedirono. Il mondo sembrò svanire, per loro. Il pericolo divenne una cosa remota. I Cavalieri divennero il centro dell’universo...
Impatto: -100 metri.
La voce proseguì con toni rilassanti, come un piacevole rumore di sottofondo. “Lobo, convoglia il potere dei tuoi amici in te. Non pensare al Cavaliere Oscuro, ma lascia che le matrici elettroniche della tua uniforme riorganizzino il potere, per dare ad esso una nuova, invincibile forma...”
Impatto: -50 metri.
Lobo fece quanto detto. Rilassò completamente la presa sui comandi. A questo punto, nessuna manovra, automatica o no, avrebbe potuto salvarlo...
Impatto: -20 metri.
Il suo corpo brillò di energia, generata dalla stessa tuta e dal casco. Lobo venne avvolto in pochi battiti di cuore da una luminosità ultraterrena...
“SI’!” l’uomo in armatura serrò il pugno in morbosa soddisfazione. Sullo schermo, le fronde furono scosse dall’esplosione dell’impatto. Le possibilità di sopravvivenza erano nulle, per El Lobo.
“Troppo tardi, Thunderiders! Senza il vostro prezioso Cavaliere Oscuro, sterminarvi, adesso, sarà un...” a quel punto, emise un gemito pietoso. “Oh, no! No...”
Dalla colonna di fumo e fiamme, emerse una specie di cometa bianca!
I caccia nemici, dimentichi dei loro bersagli, concentrarono il fuoco sulla nuova apparizione, ma era come cercare di acchiappare a mani nude un missile in corsa. Non uno andò a segno.
La ‘cometa’ si fermò a mezz’aria, sotto molte paia di occhi stupefatti. La luce svanì, e fra i caccia ed i Cavalieri si parava ora un uomo in un’elegante armatura argento e cremisi, decorata da un ampio mantello rosso!
La sorpresa durò un attimo:
Ø il tempo necessario ai caccia per convergere tutto il fuoco disponibile sul nuovo arrivato.
Ø Il tempo necessario al gestalt di afferrare il
mantello e usarlo a mo’ di scudo.
I colpi si infransero
contro il ‘tessuto’. Il super-essere si gettò in
avanti, incurante delle raffiche, avvolto dal suo mantello.
I piloti dei caccia persero
altri momenti preziosi per valutare il nuovo sviluppo. Al gestalt bastarono:
lasciò il mantello, e da una fodera alla schiena estrasse un’alabarda
alta quanto lui stesso! Un gesto fluido, velocissimo, un arco scintillante
che tranciò di netto in due
il primo apparecchio! Il gestalt proseguì in mezzo all’esplosione, e ancora una
volta la sua arma compì l’arco letale; il secondo apparecchio fu tranciato
longitudinalmente come un pelo dal più affilato dei rasoi. I resti si
trasformarono in un’esplosione infuocata.
Il terzo caccia decise,
finalmente, che la missione era definitivamente compromessa. Si voltò per
fuggire...ma non fece molta strada.
Dalla gemma scarlatta sulla
fronte del gestalt partì un abbagliante raggio frastagliato. Colpì in pieno i
propulsori del caccia, con risultati facilmente immaginabili!
L’azione era durata poco
meno di 1 minuto.
Una cosa i Thunderiders l’avevano imparata, nelle loro colorite
imprese: che se ti fermavi a pensare, rischiavi solo di diventare matto. Per
questo, Wrench, bene interpretando i pensieri degli
altri, si limitò a chiedere, “Lobo...stai bene..?” all’uomo in armatura, non
appena questi atterrò sulla sella dietro di lui.
L’armatura brillò, per poi
scomparire. Lobo ansimava, era sudato, ed era a stento cosciente. “Io...” la
sua voce era ridotta a un filo.
“Completamente esaurito,”
sentenziò Wings. “Non possiamo portarlo in un ospedale in questo stato: se ci
fossero dei sicari nascosti, lì, saremmo un facile bersaglio. Andiamo in quella
fazenda laggiù,” ed indicò un gruppetto di edifici bianchi che
spiccavano come elementi di architettura aliena in mezzo al verde fitto.
Nessuno ebbe da ridire.
Qualunque cosa avessero ‘evocato’ nella battaglia, era chiaro che non potevano
ripeterla. Non ora, almeno.
Le
domande sarebbero venute dopo, e ce ne sarebbero state parecchie!
Li vide dirigersi verso la
fattoria. “Così, si direbbe che questa nuova manifestazione abbia una
controindicazione fatale. Bene, molto bene...
“Restate nascosti,
cavalieri: nascondetevi anche allo SHIELD, e lasciate che sia io, a trovarvi.”
La figura spense il monitor, e girò la propria poltrona verso un oblò che
mostrava un panorama di montagne imprendibili. Il design della sua armatura
rispecchiava quello dei costumi dei suoi uomini, tranne per il fatto che le
corna erano più lunghe.
“Il Dottor Demonicus aspetta con impazienza il nostro prossimo
incontro.”